Nell’oasi madre di Camparmò il ministero profetico e di intercessione sta crescendo. Per dargli una fisionomia più decisa e più coinvolgente ci è stato veramente d’aiuto capire alcune distinzioni. Per quanto riguarda la profezia, chi esercita questo dono lo fa con una certa sicurezza ed autorevolezza. È necessario che i profeti siano vicini al popolo dove vivono e che si trovino a pregare insieme per vedere i fatti e poter interpretarli alla luce della parola profetica, in senso storico ed attuale. È lo spirito profetico che fa da indicatore di direzione, anche senza una precisa profezia, perché è un sentire comune, un’eco connaturale. Si impara a riconoscere quello che viene dallo Spirito, ciò che Dio ha preparato per noi, suoi figli. Siamo una comunità carismatica e l’unzione ce l’abbiamo quando stiamo uniti. Il ministero non si esercita da soli.

Lo stesso vale per gli intercessori. La preghiera di intercessione, secondo la nostra spiritualità, non è una lunga lista di richieste a Dio, come se dovessimo spiegargli i nostri bisogni. Chiedere qualcosa al Signore non costituisce uno come intercessore. L’intercessione è un’unzione, cioè un coinvolgimento affettivo, emotivo, insistente e persistente, proclamando le promesse di Dio. Tra colui che è nel bisogno, chi chiede per ottenere e Dio che ha ciò che gli chiediamo si viene a creare un legame di amicizia meraviglioso, come raffigurato in Lc 11, 5-8. Un amico va a trovare un amico di notte. Questo amico, a quell’ora, va a sua volta dal suo amico fidato per chiedergli del pane per l’amico che è andato a trovarlo. Secondo il dinamismo di questi tre protagonisti, quando c’è lo spirito di intercessione, siamo coinvolti sempre più, fino a provare gli stessi sentimenti di misericordia di Dio. Così cresciamo nella comunione e nella fiducia di ottenere da lui.

Chiarite queste distinzioni, oggi abbiamo fatto un passo in avanti da cui non si torna indietro.

L.T.

 

 

Foto: Miriam Olejnik

Capire le differenze per vivere al meglio i ministeri